Proprietà del miele

APICOLTURA BALLARI

LA TRADIZIONE DELLA PRODUZIONE DEL MIELE ITALIANO NELLA VALLE DEL PO AI PIEDI DEL MONVISO

IL MIELE: ORIGINE, COMPOSIZIONE E PROPRIETA'

1.2.6. ENZIMI. Gli enzimi sono sostanze di natura proteica che svolgono l’importante ruolo di catalizzatori biologici. Sono cioè capaci di determinare o accelerare importanti reazioni chimiche negli organismi viventi.
Il miele contiene diversi enzimi che derivano dalla secrezione ghiandolari della api e in parte anche dal nettare e dalla melata. Si tratta di alcuni dei componenti più studiati del miele, non tanto perché abbiano importanza dal punto di vista nutrizionale, ma perché determinano la maggior parte delle reazioni che portano alla formazione del miele a patire dal nettare e dalla melata. Inoltre, poiché tali enzimi si degradano progressivamente nel tempo o in seguito a trattamenti termici, la loro quantità può costituire un indice della freschezza del prodotto.
Tra i principali enzimi del miele saccarasi (invertasi) e glucoso ossidasi sono secreti dalle ghiandole ipofaringee delle api, mentre le amilasi (diastasi) sono di origine in parte animale e in parte vegetale. Altri enzimi presenti nel miele, catalasi, e fosfatasi, derivano invece dal nettare e dalla melata. L’invertasi agisce sul saccarosio del nettare e della melata idrolizzandolo in glucosio e fruttosio. La glucoso ossidasi provoca l’ossidazione del glucosio con formazione di acido gluconico e acqua ossigenata. La diastasi idrolizza l’amido a glucosio.
La determinazione di questo ultimo enzima (espresso in unità diastasiche per grammo di miele) viene comunemente utilizzata per valutare lo stato di freschezza del prodotto ed evidenziare eventuali trattamenti termici subiti. Va tuttavia ricordato che il contenuto di amilasi nel miele è variabile e in particolare alcuni mieli uniflorali (robinia, agrumi, corbezzolo) presentano naturalmente un basso contenuto diastasico che, costituisce un parametro di caratterizzazione per tali mieli.
In linea generale, presentano un basso tenore diastasico i mieli derivanti da un intenso flusso nettarifero e da fioriture brevi, che obbligano le api a dedicare più tempo alla raccolta che alla lavorazione del nettare. Mieli prodotti da sottospecie diverse di Apis mellifera L. possono presentare variazioni nel contenuto di enzimi.

1.2.7. VITAMINE.
Il miele ha un contenuto in vitamine estremamente basso, in relazione alle esigenze di tipo nutrizionale. Allo stato attuale delle conoscenze, e stata riscontrata la presenza, in quantità molto ridotte, solo di vitamine idrosolubili, vitamina C, E ed alcune vitamine del gruppo B. La loro origine è da attribuire fondamentalmente ai granuli di polline che si trovano nel miele, infatti le vitamine riscontrabili nel miele sono presenti in concentrazioni ben più elevate anche nel polline.

1.2.8. COSTITUENTI MINORI E SOSTANZE DIVERSE.
Per costituenti minori si intendono quei componenti, chimicamente molto diversi tra loro, che in quantità estremamente ridotte si riscontrano in tutti i mieli oppure solo in alcuni di essi.
Per quanto riguarda i LIPIDI, la loro presenza nel miele è praticamente insignificante e probabilmente collegata alle tracce di cera derivanti dall’estrazione del miele stesso o da granuli di polline.
Più interessanti sono gli AROMI. Si tratta di composti chimici diversi, acidi, alcoli, aldeidi, chetoni, che in svariate proporzioni contribuiscono a definire l’aroma tipico di un miele. Trattandosi però di sostanze volatili e termolabili, che quindi si degradano e si trasformano con facilità, risulta difficile identificare e definire con precisione lo spettro aromatico di un singolo miele, anche se le moderne e sempre più affinate tecniche analitiche rendono via via più vicina la possibilità di approfondire la conoscenza di questo importante aspetto della composizione del miele.
Altri componenti del miele, tuttora poco conosciuti, sono i PIGMENTI di origine vegetale (Carotenoidi, Flavonoidi, Antociani, Xantofille) che partecipano alla definizione del colore.
L’IDROSSIMETILFURFURALE (HMF) è una sostanza praticamente assente nel miele appena estratto e che si forma successivamente per degradazione degli zuccheri, in particolare del fruttosio, in ambiente acido. Esso aumenta gradatamente in tutti i mieli durante la conservazione, ma molto più rapidamente se il miele viene sottoposto a trattamenti termici eccessivi. In questo senso si può considerare un componente del miele.

1.3. PROPRIETA’ FISICHE.
Le proprietà fisiche del miele sono strettamente connesse con la sua composizione chimica: gli zuccheri e l’acqua, i costituenti principali del miele, condizionano ad esempio indice di rifrazione, cristallizzazione, densità e igroscopicità, mentre i sali minerali determinano il valore di conducibilità elettrica.

1.3.1. INDICE DI RIFRAZIONE.
La rifrazione è una proprietà ottica di tutti i corpi trasparenti: è il fenomeno per cui un raggio di luce, nel passare da un mezzo a un altro, subisce in corrispondenza della superficie di separazione dei due mezzi una deviazione e una variazione di velocità. Viene chiamato indice di rifrazione il rapporto fra le due velocità. Nel miele liquido, a parità di temperatura, l’indice di rifrazione varia in modo praticamente lineare a seconda del grado di umidità: più esattamente, aumenta con la diminuzione della percentuale di acqua. La sua determinazione viene pertanto utilizzata per conoscere il contenuto in acqua del miele.

1.3.2. DENSITA’.
La densità rappresenta il rapporto tra la massa di una sostanza e il suo volume e si esprime in g/ml. Il rapporto tra la densità di una sostanza e quella dell’acqua (convenzionalmente uguale a 1) è chiamato peso specifico. Nel miele è mediamente 1,422 g/ml a 20°C. Ciò significa che un litro di miele a 20°C pesa circa 1,422 kg (da 1,39 a 1,44 ). Di questa caratteristica occorre tenere conto nel predisporre i recipienti per il prodotto. Le variazioni sono legate al contenuto in acqua del miele: più è elevato, minore è la densità. La misura della densità, infatti fornisce, con una certa approssimazione, il tenore in acqua del miele. A causa di queste variazioni si osserva spesso, nei grandi contenitori, una stratificazione del miele più umido (e più leggero) su quello più asciutto.

1.3.3. VISCOSITA’.
La viscosità, espressa in poise, misura la resistenza interna dei fluidi alla sollecitazione di una forza. Nel miele è generalmente alta a causa dell’elevata concentrazione zuccherina. Varia in misura ridotta a seconda dell’origine botanica; dipende invece principalmente dal contenuto in acqua e dalla temperatura. Maggiore è il contenuto in acqua, più bassa è la viscosità: il miele si presenta quindi più fluido. Per quanto riguarda la temperatura, la viscosità è elevata a bassa temperatura e diminuisce con l’innalzamento di questa.
Tuttavia, intorno a 30°C (da 25 a 40 circa a seconda del contenuto in acqua e del tipo di miele) decresce rapidamente, mentre a temperature più elevate si mantiene praticamente più costante. Il riscaldamento ad alte temperature quindi non aumenta sostanzialmente la fluidità, ma causa solamente un danno.
Un comportamento peculiare rispetto la viscosità caratterizza il miele di calluna, che comunque non è una tipica produzione italiana. Questo miele contiene una proteina responsabile del fenomeno della tixotropia: in condizioni di riposo il miele presenta una consistenza gelatinosa, mentre passa allo stato fluido mediante agitazione.
La viscosità è una proprietà di cui è importante tenere conto durante le varie fasi tecnologiche cui viene sottoposto il miele, dal momento dell’estrazione fino al confezionamento.

1.3.4. IGROSCOPICITA’.
Il miele, a causa della elevata concentrazione zuccherina, è una sostanza altamente igroscopica. Tende pertanto a raggiungere uno stato di equilibrio igrometrico con l’ambiente in cui si trova: in ambiente umido assorbe acqua e in ambiente secco la cede, finché non viene raggiunto l’equilibrio. E’ importante, quindi che il miele, se non si trova in contenitori ermetici, venga conservato in ambienti con umidità relativa bassa, non superiore a 60%.

1.3.5. CALORE SPECIFICO E CONDUCIBILITÀ TERMICA.
Un miele che contenga 17,4% di acqua, a 20°C ha un valore di calore specifico di 0,54. Per scaldare il miele occorre quindi metà dell’energia necessaria per scaldare la stessa quantità di acqua, che ha calore specifico uguale a 1. Il miele però ha una bassa conducibilità termica (12,9 x 104 cal/cm x sec x °C mentre l’acqua ha una conducibilità termica di 14 x104 cal/cm x sec x °C) ed è quindi un cattivo conduttore di calore. Occorre tener conto di ciò quando si riscalda un miele (soprattutto se è cristallizzato e in contenitori di grande capacità), perché si rischia di surriscaldare gli strati più esterni, più vicini alla fonte di calore, mentre la massa intera resta fredda.

1.3.6. CONDUCIBILITÀ ELETTRICA.
La conducibilità elettrica di un liquido, misurata in mS/cm, è funzione della presenza di sostanze ionizzabili, in grado di condurre la corrente elettrica. Tali sostanze, nel miele, sono rappresentate essenzialmente dai sali minerali: per questo motivo la determinazione della conducibilità elettrica del miele può essere usata in luogo di quella delle ceneri per la valutazione del tenore in sali minerali.
Il valore di conducibilità elettrica varia notevolmente a seconda dell’origine botanica, approssimativamente tra 0,1 e 2 mS/cm. I mieli di melata e quelli scuri in genere presentano i valori più elevati.

1.3.7. POTERE ROTATORIO.
È la proprietà di tutte le sostanze zuccherine in soluzione di deviare il piano della luce polarizzata a destra o a sinistra secondo un angolo il cui valore è specifico per ogni tipo di zucchero. Nel miele il valore dell’angolo di rotazione dipende dalla somma matematica del potere rotatorio dei singoli zuccheri. La maggior parte dei mieli di nettare è destrogira, mentre i mieli di melata sono levogiri.

1.3.8. COLORE.
Il colore varia naturalmente dalle tonalità più chiare alle più scure del giallo, dall’ambra, fino praticamente al nero; non mancano mieli con riflessi verdi o rossi.
Le sostanze specifiche responsabili del colore del miele sono in parte ancora sconosciute; vi contribuiscono prodotti derivati dagli zuccheri, alcuni pigmenti vegetali, tra cui carotene, xantofille, antociani, flavonoidi, nonché aminoacidi e sali minerali .Il colore del miele è legato all’origine botanica ed è pertanto un importante parametro per la definizione dei mieli uniflorali. È inoltre un fattore importante anche sul piano commerciale e in alcuni paesi gli viene attribuita la stessa rilevanza di un parametro qualitativo.
Con l’invecchiamento il miele diviene più scuro; cambiamenti del colore possono anche derivare dagli interventi dell’apicoltore (uso di favi vecchi, contatto con metalli pesanti, alte temperature di lavorazione) e dalle modalità di conservazione (esposizione alla luce, lunghi tempi stoccaggio, etc.) Il colore viene misurato in mm della scala Pfund, utilizzando appositi colorimetri. Esiste anche una classificazione del miele in base al colore messa a punto dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (1951, in Crane, 1975) e comunemente utilizzata nel commercio internazionale.

1 3.9. CRISTALLIZZAZIONE.
La cristallizzazione è, assieme al colore, la caratteristica fisica di maggiore importanza nella commercializzazione del miele. Molti mieli (la maggior parte di quelli prodotti in Europa) tendono a cristallizzare alle comuni temperature di conservazione, in quanto sono soluzioni soprassature, contengono cioè più zucchero di quanto ne possa rimanere stabilmente in soluzione. Il processo di cristallizzazione comporta la formazione di cristalli di glucosio monoidrato, in quantità, forma e disposizione diverse a seconda delle condizioni in cui la cristallizzazione stessa ha avuto luogo. In genere, maggiore è il tempo in cui questa avviene, tanto più voluminosi sono i cristalli.
I diversi mieli hanno diversa tendenza a cristallizzare a seconda della composizione (minore è il contenuto d’acqua e maggiore quello in glucosio, maggiore la tendenza a cristallizzare), ma anche a seconda della temperatura di conservazione.
La velocità di formazione dei cristalli è massima a una temperatura che si colloca attorno a 14°C, con variazioni di qualche grado a seconda del tipo di miele. Sopra a 25°C e sotto a 5°C la cristallizzazione è in pratica completamente inibita. Composizione e temperatura non sono però gli unici fattori che regolano il fenomeno: anche la presenza di particelle solide in sospensione e l’agitazione, soprattutto se avviene nell’ambito di temperature in cui la cristallizzazione è possibile, promuovono la formazione di cristalli.

1.4. PROPRIETA’ BIOLOGICHE.

1.4.1. PROPRIETA’ NUTRIZIONALI.
La composizione del miele, che comprende glucosio e fruttosio associata ad acidi organici, sali minerali, aromi e tante altre sostanze, ne fa un alimento unico e del tutto particolare.
Il miele è un alimento glucidico a elevato potere energetico. Fornisce 320 cal/100g. contro le 400 circa del saccarosio. Essendo poi composto prevalentemente da zuccheri semplici (glucosio e fruttosio) presenta una facile digeribilità.
Il miele offre dunque un apporto energetico, senza richiedere un processo digestivo e quindi senza appesantire lo stomaco.
Tra gli alimenti energetici, occupa il primo posto nell’alimentazione dello sportivo; prima di una gara, di un allenamento o comunque prima di uno sforzo fisico accresce l’efficienza muscolare e la sostiene nel tempo. Per lo stesso motivo è indicato nell’alimentazione geriatrica e nella dietetica dell’età scolare, come in tutti i momenti in cui è elevato il fabbisogno energetico. La presenza, accanto agli zuccheri semplici, di sali minerali, enzimi, sostanze aromatiche e oligoelementi, contribuisce ad aumentare le potenzialità nutritive del miele. Tra l’altro, negli ultimi anni il miele viene aggiunto al latte in polvere e in genere agli alimenti destinati alla prima infanzia, in quanto migliorerebbe la tolleranza al latte vaccino.
In generale comunque, consumato come miele da tavola, come dolcificante delle bevande o in cucina, è consigliabile l’introduzione del miele nella dieta quotidiana di ciascuno.
Il potere dolcificante del miele è elevato, superiore a quello del normale zucchero da cucina. Ponendo infatti a 100 il potere dolcificante del saccarosio, quello del fruttosio è 173 e quello del glucosio 74. A livello dietetico permette quindi di realizzare un piccolo risparmio calorico.

1.4.2. PROPRIETA’ TERAPEUTICHE.
Le virtù terapeutiche attribuite al miele nel corso del tempo, tramandate dalla medicina popolare, riportata dai testi e riviste più o meno specializzati, riprese secondo i corsi e i ricorsi della moda, sono numerosissimi. Il miele agirebbe favorevolmente su vari disturbi dell’apparato respiratorio, circolatorio, e digestivo, sul fegato, sulla dentizione dei bambini favorendone la fissazione del calcio. L’elenco potrebbe continuare, ma in realtà anche se alcune di queste azioni sono state occasionalmente verificate, manca una corretta sperimentazione clinica in grado di supportare ogni affermazione. Manca soprattutto a causa del fatto che ci si trova di fronte a un prodotto mai uniforme, mai identico, mai stabile. D’altra parte non risulta una ricerca approfondita sulla composizione del miele utilizzato nelle sperimentazioni effettuate.
Allo stesso modo non trova riscontro scientifico la frequente attitudine ad attribuire ai mieli uniflorali le attività farmacologiche proprie delle piante da cui derivano.
È stata invece verificata un’attività antibatterica, sia nel miele tal quale (dovuta alla concentrazione zuccherina e al Ph acido) che in soluzioni diluite. Quest’ultima attività, attribuita per lungo tempo a una sostanza di natura sconosciuta definita col nome generico di “inibina”, sarebbe dovuta all’azione dell’enzima glucoso ossidasi che, in particolari condizioni di diluizione, produce acqua ossigenata e acido gluconico a partire dal glucosio. Sarebbe l’accumulo di acqua ossigenata (che viene successivamente distrutta) a conferire attività antibiotica alle soluzioni di miele. Questo meccanismo, il cui significato biologico consiste probabilmente nel proteggere dall’attacco microbico il miele in formazione (quando ancora non è efficiente il sistema di inibizione dovuto alla elevata concentrazione zuccherina) sarebbe alla base di una parte dell’attività antibatterica esplicata dal miele sulle ferite e potrebbe spiegare anche alcune altre attività tradizionalmente riferite a questo prodotto. Anche altre sostanze presenti nel miele (polifenoli) sembrano possedere un’attività di tipo antibiotico.
Verosimilmente la maggior parte dei benefici riconosciuti dalla tradizione al miele possono essere ricondotti a una generica azione trofica e dall’effetto emoliente, blandamente lassativo, epato protettore e detossicante del fruttosio.
Meglio prendere in considerazione il miele come alimento piuttosto che come farmaco: anche se è necessario ricordare che non è un alimento completo a causa del trascurabile contenuto in lipidi, protidi e vitamine, il suo valore nutritivo, al pari della sua gradevolezza, è certamente più sostenibile con validi argomenti. Tanto meglio se poi dovesse avere anche effetti taumaturgici.

1.4.3. MIELE E BOTULISMO.
Il miele viene espressamente controindicato nell’alimentazione dei bambini di meno di un anno di età dal Food and Drugs Administration statunitense. Questo consiglio è dettato dal fatto che negli USA è stata evidenziata una relazione di causalità tra ingestione del miele e alcuni casi di botulismo, i bambini di età compresa tra le due settimane e i sei mesi.
Questa forma clinica è dovuta all’ingestione di spore di Clostridium botulinum A.M. che, contrariamente a quello che avviene di norma, germinano, si moltiplicano e producono tossina nel lume intestinale. Il quadro clinico è molto ampio e va da forme quasi asintomatiche fino alla morte. In adulti e bambini più grandi le spore di C. botulinum ingerite con i comuni alimenti o direttamente dall’ambiente, dove sono diffuse largamente, non hanno possibilità di germinare. Anche nei lattanti sembra che debbano concomitare particolari circostanze perché questa sindrome si sviluppi: secondo uno studio americano il rischio per un bambino di meno di un anno di età di contrarre questa tossinfezione è dell’ordine di1/12.000.
Abitualmente C. botulinum costituisce un rischio per la salute umana solo quando si sviluppa in alimenti conservati non sufficientemente sterilizzati in cui si creino le condizioni favorevoli alla sua moltiplicazione (assenza di ossigeno, Ph vicino alla neutralità, conservazione a temperatura ambiente) e consumati senza ulteriore cottura (verdure sott’olio di fabbricazione artigianale o casalinga, carni conservate non cotte). Nel miele è presente in maniera occasionale, in concentrazione di poche spore/g e non appare legato a particolari situazioni o tecniche produttive. Non può quindi essere eliminato con le normali operazioni di preparazione del miele per il mercato.
D’altra parte questo non costituisce alcun rischio per i bambini al si sopra dell’anno di età né per l’adulto, in quanto nel miele non si verificano mai le condizioni richieste per la sua moltiplicazione.
Per il lattante, il miele non può essere certo considerato il principale veicolo di spore e la sua eliminazione dalla dieta non potrà quindi escludere il pericolo di infezione. Tuttavia, non essendo necessario nell’alimentazione dei primi mesi, anche questo piccolo rischio può essere facilmente eliminato.





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